Nella scuola della tenerezza

Al via il percorso sull'amore coniugale iniziato da don Carlo Rocchetta

Scuola della tenerezza: 23 ottoobre. Focene, Fiumicino Centro di Spiritualità, “Maria Madre del Carmelo”. Vescovo Gianrico Ruzza, collaboratori e tante famiglie. E per parlare del tema dell’incontro non poteva essere letta una pagina del Vangelo, magistralmente descritta da Luca, il buon samaritano: chi si è fermato a prestare soccorso all’uomo ferito e bisognoso di cure? Un uomo della Samaria, un pagano che si è offerto di portarlo lì dove avrebbe potuto essere assistito e guarito.

«Ecco quell’uomo ha compiuto quel gesto perché spinto dalla tenerezza nei confronti di quello che aveva avvertito come una persona debole. Ma non usando parole sdolcinate da effetto “Baci Perugina” ma mosso da un sentimento pieno, vero e profondo: la tenerezza appunto». È iniziata così la riflessione del Vescovo Ruzza rivolto alle numerose coppie anche con figli che hanno affollato la sala conferenze del Centro dove solitamente sono fissati gli incontri.

Con il vescovo c'erano i responsabili delle due pastorali famigliari diocesane, don Paolo Ferrari e don Giuseppe Tamborini, oltre ad altri sacerdoti, tra cui il vicario foraneo don Bernardo Acuna Rincon, il delegato episcopale per la formazione di Porto-Santa Rufina, don Domenico Giannandrea, e il vicario per la pastorale di Civitavecchia-Tarquinia, don Federico Boccacci.

«Ma che poi tanto corso non è perché non ci sono docenti, bidelli, preside, ma si impara stando insieme e condividendo». Sentimenti, pensieri e azioni. Il progetto di inserire anche nella diocesi il percorso, da una iniziativa di Don Carlo Rocchetta, ideatore della scuola a cui si è ispirato lo stesso Ruzza, nasce l’anno scorso: dare un nuovo impulso nelle nostre chiese da cui deriva la tenerezza perché da quella divina discende la relazione umana. Una relazione che non sia solo coniugale, ma allargata a tutta la famiglia. Lo specifico dell’amore cristiano certo, soprattutto coniugale.

È stato il focus del dibattito dei giorni trascorsi a Nocera Umbra con alcune delle coppie presenti che poi testimonieranno la loro personale esperienza dove si è creato uno spot che è poi il refrain di tutta la nostra vita: impegnarci a mettere un po' di noi per cambiare e creare una vera comunità in cui si maturerà tra di noi e con noi. Ancora una volta un santo, un papa, Paolo VI ricorda che Gesù nella lavanda dei piedi agli apostoli con quel gesto, rivoluzionario, ci mette amore e “li amò fino alla fine”, fino all’inverosimile, dà tutto se stesso, la vita ai propri amici. Dare tutto: potente e silenzioso amore.

«Questo è il cristiano: appropriazione di Dio che si travasa nell’amore dell’altro e in famiglia, a chi mi sta accanto perché quella persona porta il seme di Dio». È stata la volta delle testimonianze di due coppie (Ettore e Gioia, Patrizia e Corrado). Ettore che ha ricalcato a grandi linee le riflessioni del vescovo sottolineando che tenerezza non è tenerume né smancerie ma è ciò che si oppone alla durezza di cuore, è il condividere ogni giorno esperienze e camminare insieme.

Patrizia moglie di Corrado ha ben spiegato il significato di tenerezza «Tenere, tendere, tenue. Tenere nel senso di accogliere siamo chiamati a far emergere la parte migliore dell’altro e accoglierne le fragilità senza giudicare, senza criticare. Tendere perché dono all’io al tu cioè faccio della mia vita un dono per l’altro. Tenue, delicatezza pieno di rispetto, ascolto sincero, condivisione amabile».

Belle e toccanti parole così come quelle di Gioia moglie di Ettore, aperta e disinvolta nel parlare di crisi di coppia, di scoperta commovente «perché Dio nella figura del sacerdote don Paolo è venuto a bussare alla nostra porta portando parole di conforto e di sostegno. Esiste una provvidenza: il Signore ci precede nella strada che quotidianamente dobbiamo percorrere: ecco per me questa è la tenerezza».

Corrado, marito di Patrizia ventisei anni di matrimonio, due figlie ha raccontato con gratitudine quei quattro giorni di ritiro spirituale a Nocera dove ha giocato prima la curiosità «nove sacerdoti e un vescovo che sarà mai?» e poi la spinta dell’animo. «Abbiamo costruito praticamente una famiglia e ha fatto riscoprire che Dio ci guarda con l’occhio della tenerezza, di una madre. E questa bellissima scoperta la voglio condividere con gli altri. Che poi sono anche i fidanzati di cui ci prendiamo cura in quanto responsabili dei corsi prematrimoniali».

Infine per ultimo ma non ultimo il vivace intervento di don Paolo Ferrari, che è anche parroco dei Santi Pietro e Paolo all’Olgiata. Il sacerdote ha iniziato il suo intervento con il commentare un quadro di Van Gogh, ispirato al brano del buon samaritano. Immagini suggestive, piene di pathos dipinto con un effetto magnifico ottenuto grazie ad una tecnica che ricorda il movimento ondoso del mare, una parabola mirabolante in cui il buon samaritano è lo stesso Gesù che ha avuto un problema ma che gli altri non “vedono”.

«Per “vedere” veramente occorre avere la tenerezza che riguarda noi, a differenza della compassione che invece è mia. Lì dove c’è sofferenza Dio vede e dice il testo “si fermò”: è il punto per vedere per la sua guarigione. Agendo con tenerezza diventiamo più visibili». Concetto non facile da comprendere ma pieno di significato «perché solo chi vede realmente attraverso gli occhi della tenerezza si accorge dell’altro e lo aiuta e lo sostiene e lo porta verso la guarigione». La Messa celebrata nella piccola ma intima cappelletta del Centro ha accompagnato le famiglie verso il sempre piacevole e gradito momento conviviale che ha concluso l’intensa giornata di riflessioni. Prossimo appuntamento domenica 20 novembre ore 9,30-18 “La tenerezza come incontro”. 

Danila Tozzi

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