Giovani nella ricerca della bellezza

Campo Giovani delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina ad Assisi

Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall’abisso, Bellezza? (Charles Baudelaire). Da dove origina la bellezza? Cos’è il bello? Esso possiede in sé una verità oggettiva o tale giudizio scaturisce semplicemente da gusti personali? Con queste domande di matrice kantiana si è aperto il Campo Giovani interdiocesano delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina avente come tema “La ricerca della bellezza”.

Diciannove tra ragazzi ed educatori hanno partecipato al campo, coordinato e diretto da Don Salvatore Barretta, che ha guidato la ricerca spirituale durante i quattro giorni di viaggio.

Per stimolare risposte a domande così profonde è stata scelta la cornice paesaggistica della città di San Francesco, nel cuore verde d’Italia, in cui ogni affresco, ogni scorcio, ogni chiesa, non può non suscitare un senso di sublime nello spettatore che le ammira, anche il più restio a cogliere la bellezza in ciò che lo circonda.

Ognuno è partito con il proprio bagaglio di esperienze personali, ragazzi per certi versi simili ma diversi fra loro, che in poco tempo sono riusciti, con la propria individualità, a portare ricchezza e pienezza al gruppo intero, non elevandosi come singoli bensì promuovendo quel senso di comunione e di comunità fraterna propria dei Vangeli.

Il tema, presentato alla prima serata, ha sin da subito suscitato dibattiti interessanti che senza generare una risposta univoca ed esaustiva ha permesso di ampliare in ciascuno i limiti di indagine.

Come ogni film che si rispetti anche qui una colonna sonora ha accompagnato il viaggio. “Meraviglioso” è il tema di ingresso. La frase emblematica “Perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso” ha insinuato il dubbio che la bellezza non sempre coincide con i momenti felici dell’esistenza, ma può nascondersi anche nei momenti più bui della vita, come se una Bellezza, con la lettera maiuscola, godesse di vita propria e animasse coloro in cui abita.

Il contrasto tra l’oggettività del dolore e del male e la bellezza che da esso ne scaturisce, come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, ha aumentato gli interrogativi iniziali dopo la visione in gruppo di opere d’arte in cui entrambi i sentimenti sono manifesti: L’estasi di S. Teresa, il Viandante sul mare di nebbia o, musicalmente, il Nabucco verdiano scritto a seguito dei drammi personali del musicista che si immedesima nel dramma del popolo scelto. “Và Pensiero”, cantano gli ebrei in esilio a Babilonia, a quando il popolo eletto godeva delle bellezze della terra del latte e del miele, rimpiangendo quella felicità perduta, ma Dio non abbandona il proprio popolo quando esso a Lui grida e li fa tornare nuovamente nella bellezza della propria terra.

La preghiera ha accompagnato ogni istante del viaggio, ma la meditazione sui temi trattati si è fatta ancora più profonda nel momento di deserto, ovvero di lettura solitaria del testo biblico della creazione del mondo. Ad ogni giorno di creazione è stata abbinata un’immagine cruda sulla distruzione del creato che apparentemente sembrava confutare la grandiosità che dal testo emergeva.

Come conciliare la bellezza con cui Dio crea il mondo nei primi versetti della Bibbia con le disgrazie che lo affliggono da sempre: malattie, dolore, disastri? Come conciliare un uomo custode della creazione divina con la distruzione generata dall’avidità e dalla voglia di possesso?

La ricerca di una spiegazione si è dimostrata una cosa vana finché non ci si è imbattuti nella straordinarietà di vite di santi del giorno d’oggi: Carlo Acutis, sulla cui tomba ad Assisi il nostro vescovo, S.E. mons. Gianrico Ruzza, ha celebrato la messa, e Chiara Corbella, entrambi morti giovanissimi con immensi dolori, ma morti in felicità piena e dunque in santità.

Da qui si è capito che la ricerca della bellezza non può che risolversi guardando verso l’alto, verso Dio, come suggerito dal vescovo in un momento di condivisione. Si è dunque scelto di salire oltre Assisi, nella quale avevamo provato a scavare nelle opere d’arte che la città custodisce, verso l’Eremo delle Carceri in un viaggio a coppie come i discepoli di Emmaus. Nel silenzio dei boschi sacri al fraticello i viandanti sono stati accompagnati dalle parole che lo stesso santo scrisse nei momenti più bui al termine della propria vita, quelle del Cantico delle creature. Una lode a Dio per tutto il creato nonostante alcuni elementi naturali, come la luce, gli procurassero dolori ingenti, aggravando la sua condizione precaria di salute e non permettendogli di godere a pieno della bellezza che lodava.

La ricerca della bellezza si è dunque tramutata in una ricerca dei bagliori della bellezza divina in noi stessi e negli altri che ci circondano. Bellissima e ricca di emozioni è stata la compieta dell’ultima sera; diversa dalle preghiere recitate ogni giorno seguendo la liturgia delle ore, in cui ognuno ha liberamente espresso una preghiera a Dio, un pensiero e un bilancio sull’esperienza che stava per concludersi con una lettera autografa letta nel silenzio e al buio di un cielo colmo di stelle.

A l’alta fantasia qui mancò possa; 
ma già volgeva il mio disio e ’l velle, 
sì come rota ch’igualmente è mossa, 
l’amor che move il sole e l’altre stelle.

(Dante)


Lorenzo Centini

 

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