«L’identità di Gesù è nel Crocifisso»

La catechesi di Filannino, docente alla Lateranense, al clero di Civitavecchia e Porto riunito a Cerveteri con il vescovo Ruzza

Osservare il proprio ministero sacerdotale attraverso il Crocifisso. È quanto ha suggerito don Francesco Filannino al clero delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina riunito il 10 marzo con il vescovo Ruzza nella parrocchia della Santissima Trinità a Cerveteri. «Per Marco, la croce rappresenta il momento della verità nella rivelazione di Gesù, dove gli viene riconosciuto nella sua identità più profonda, quella di Figlio di Dio», ha sottolineato il docente della Pontificia università Lateranense presentando la sua meditazione sul 15° capitolo del Vangelo marciano. Filannino ha approfondito quattro quadri della morte di Gesù.

Le tenebre che calano sulla terra sono il primo. Delle possibili interpretazioni il predicatore ha avvicinato quella che legge nei luoghi biblici di “buio” i momenti in cui Dio opera una rivelazione di se stesso. In proposito è possibile confrontare la qualità del proprio ministero sacerdotale con il tempo buio della pandemia: «Sono rimasto punto di riferimento per la comunità? Ho valorizzato la Parola di Dio?». Sono domande che i pastori devono porsi per intendere la propria capacità di leggere nella prova il momento favorevole, il kairos, della grazia di Dio.

Nel grido di Gesù possiamo invece notare la sua scelta di vivere fino in fondo la condizione di peccato dell’umanità, la massima lontananza da Dio. Filannino ha messo in relazione questa esperienza con la Riconciliazione. Come sacerdoti: «Quanto siamo in grado di ascoltare con profondità quanto ci viene affidato? Quanto siamo in grado di portare assieme con le persone i loro pesi?». La domanda è dunque sulla profondità della compassione che i presbiteri hanno la capacità di esercitare.

C’è poi un segno a distanza, ha proseguito il docente: il velo squarciato del tempio contrapposto alla morte di Gesù: «La presenza di Dio non è più dietro al velo del Santo dei Santi, ma si trova nel Crocifisso» e rivela il suo amore infinito per gli uomini. Allora, quali barriere il sacerdote deve eliminare per favorire la relazione tra le persone a lui affidate e Dio?

In ultimo, si è soffermato sulla confessione del centurione. Egli, al contrario dei sommi sacerdoti e degli scribi, comprende la scelta di Gesù di restare nel supplizio senza operare uno dei prodigi di cui il militare aveva di certo sentito parlare: «Gesù non è figlio di Dio nonostante la croce, ma proprio in virtù della croce». Quanto della sua obbedienza a Dio i sacerdoti ritrovano in quella a cui sono chiamati, rispetto «alla vita quotidiana, alla storia, all’autorità, al popolo che ci è stato affidato?».

Questa spoliazione di Gesù dalla potenza datagli dal Padre, ha concluso Filannino, interroga il presbitero «su quale aspetto che non mi permette di essere autenticamente povero sono chiamato a far morire» per una conversione che permetta di «vivere bene e con slancio le prossime feste di Pasqua».

 

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