Con il cuore nella vita degli altri

Nella benedizione del Giardino Laudato si’ a Selva Candida il vescovo Ruzza ha ricordato che tutto è dono di Dio

Sulle loro magliette hanno la scritta: “+eco -ego”. Sono i “circolini”, i bambini del Circolo “Laudato si’ nelle Selve”. Assieme alle loro famiglie e a tutta la comunità della Natività di Maria Santissima di Selva Candida hanno accolto il vescovo Gianrico Ruzza il 20 giugno per la benedizione del “Giardino Laudato si’”, a cui hanno partecipato Tomàs Insua, tra i fondatori del Movimento mondiale cattolico per il clima, e Antonio Caschetto, coordinatore dei Circoli Laudato si’ in Italia.

«Un luogo di preghiera e di raccoglimento per questa periferia» lo definisce il parroco don Federico Tartaglia all’inizio della celebrazione, mentre ringrazia l’amministratore apostolico per essere venuto a dedicare l’altare a San Francesco e a benedire il roseto con il mosaico su cui Laura Paccamiccio ha dipinto la figura del serafico padre e riportato il Cantico delle creature: «Grazie don Gianrico». Un pensiero affettuoso poi a «don Gino», assicurando al vescovo emerito Reali la preghiera della comunità. La deposizione della reliquia nell’altare, il crisma versato sulla mensa, il braciere con l’incenso: i bambini rimangono attratti da gesti inusuali su cui concentrano la loro attenzione, anche se questa è riservata al momento in cui parteciperanno alla celebrazione da protagonisti.

Dopo la lettura del libro di Giobbe, del Salmo 107 e della lettera di San Paolo ai Corinzi, il Vangelo di Marco racconta di Gesù sulla barca invocato dagli apostoli perché fermi la tempesta di cui hanno paura. Ed ecco, i bambini portano accanto all’altare una barca ornata con dei tappi di plastica, davanti a cui pongono un telo blu realizzato con della plastica recuperata in mare. «Il Covid è stata una tempesta ma il Papa ha detto che siamo tutti sulla stessa barca, che nessuno si salva da solo. Eppure molti pensano che Dio ci abbia abbandonato sulla barca. Molti pensano poi che certe barche piene di bambini e di migranti non debbano essere aiutate» dicono i piccoli al presule e gli domandano: «Don Gianrico che cosa dobbiamo fare quando la barca rischia di affondare?».

«Bisogna capire quello che sta succedendo» risponde il vescovo che indica il percorso da seguire per uscire dalla tempesta con tre verbi: vedere, giudicare e agire. Ad esempio, le tempeste ricordate dai bambini, pandemia e immigrazione, spiega, hanno a che fare con il «maltrattamento dell’ambiente». La deforestazione ha provocato un avvicinamento tra animali selvatici e uomo che è all’origine di questa come di altre pandemie. D’altra parte, l’avanzamento del deserto, dovuto all’innalzamento delle temperature, ha reso invivibili molte zone del pianeta, anche alcune aeree dell’Italia meridionale rischiano di subire lo stesso fenomeno.

«Oggi (20 giugno ndr) è la Giornata mondiale del migrante, l’Onu ci ha detto che ci sono 82 milioni di esseri umani che devono andare via dalla loro terra e soffrono spesso per motivi climatici, perché l’aria è irrespirabile dove stanno, per motivi politici, per le discriminazioni, per la violenza, per l’ingiustizia, per l’oppressione, per la tirannia, per la tortura, per i motivi economici» spiega il vescovo e rivolgendosi ai bambini: «A noi non piace che le persone muoiano in mare, giusto bambini: devono venire qua e devono stare bene».

Rispetto al Covid da una parte e al fenomeno dell’emigrazione dall’altra dobbiamo prendere delle decisioni: «Dobbiamo dire basta a questo modo sbagliato di vivere» che provoca la sofferenza di tante persone. E va fatto tutti assieme, non si può pensare che se una parte del mondo stia bene dell’altra non ci si debba interessare: «Un piccolo segno ad esempio è permettere che i vaccini, che sono importanti in questo momento perché sono la strada sicura per evitare tante morti, possano essere dati a tutti e tutti possono riceverli gratuitamente cosa, che non è affatto scontata. A cominciare dal fatto che si possano produrre i vaccini in quei paesi dove c’è bisogno ancora più forte che da noi». Le “tempeste” vanno combattute giorno per giorno partendo dall’atteggiamento personale, come diceva santa Teresa di Calcutta tante gocce fanno il mare: «tanti atteggiamenti belli fanno un mondo migliore e voi che siete il mondo del futuro dovete operare per questo, noi dobbiamo aiutarvi e dare una testimonianza».

Le tempeste incombono e spaventano ma Gesù «ci dice di non avere paura perché abbiamo lui con noi» e la dedicazione dell’altare dove sarà celebrata l’Eucarestia, mette Cristo al centro: «Questo è il primo gesto concreto da fare per avere un cuore diverso». Come insegna san Paolo se uno è in Cristo è una creatura nuova, attraverso lo sguardo di Gesù comprendiamo di essere tutti fratelli, continua il pastore: «se abbiamo un cuore appassionato, abbiamo un cuore che veramente sta con gli altri, che partecipa della vita degli altri, che si interessa degli altri anche di quelli lontani che stanno tanto male, abbiamo un sorriso accogliente, abbiamo un abbraccio coinvolgente, abbiamo lo sguardo luminoso».

L’ecologia integrale di cui parla il Papa propone questo stile attento a tutta la creazione. Un atteggiamento che guarda all’accoglienza di Dio, il quale accoglie tutti coloro che si rivolgono a lui, che lo cercano, dunque la conversione ecologica: «Non è solo non sporcare il prato, è anche quello. Ma, è rispettare le persone, rispettare la vita da quando è concepita a quando arriva al termine del nostro percorso sulla terra per poi entrare nella vita del cielo. Rispettare tutto perché tutto è dono di Dio». San Francesco ha ispirato il Papa e tutto il movimento nato sulla sua enciclica perché ha compreso la creazione come dono nella sua interezza.

Come «un direttore d’orchestra», spiega il pastore, nel suo cantico eleva la gratitudine di ogni creatura all’autore dell’esistenza: «Francesco dice a tutti quanti uccellini, animali, luna, sole, terra, tutto: cantiamo tutti verso il Signore per le cose belle che ci ha dato. E voi siete la cosa bella che mi dà questa sera. Voi, tutti i vostri familiari e questa bella comunità che ha fatto questo passo e che vuole ascoltare le parole del vescovo di Roma che dice possiamo ancora salvare il mondo con l’amore e con la fraternità». La celebrazione continua in questo angolo di verde della periferia di Roma mentre sulla strada accanto sfilano le vetture: «È bello che il giardino sia qui, dentro alla città viva» dice Caschetto prima della benedizione finale e Insua aggiunge: «Laudato si’ mi Signore per questi segni: è una meraviglia di come si comincia a vivere l’enciclica in questa comunità».

Contemplando l’immagine di San Francesco sul mosaico, la comunità conclude la sua preghiera con il Cantico conservato in questo spazio sacro, benedetto in una «bellissima giornata che ha espresso la gioia della vita dei cristiani», ha concluso il vescovo.

Simone Ciampanella

 

 

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