Con Gesù colmare la sete di verità

Il vescovo Gianrico Ruzza ha presieduto la solennità del Corpus Domini nella città di Cerveteri

Una bambina inginocchiata a giocare con dei petali sul sagrato di Santa Maria maggiore e una donna con gli occhi fissi e lucidi a contemplare il Santissimo Sacramento esposto all’interno della chiesa. Sono due immagini della Messa per il Corpus Domini presieduta dal vescovo Gianrico Ruzza a Cerveteri il 6 giugno. La festa del Corpo e del Sangue di Cristo raduna da sempre la comunità locale dalle sue parrocchie in una festa di popolo. In questa giornata gli abitanti sanno di partecipare a qualcosa di prezioso ricevuto dal passato e di doverlo consegnare in eredità al futuro. Magari come accade a quella piccola, forse inconsapevole di toccare l’infiorata dove passerà l’Eucarestia, ma inserita in una storia di fede e di tradizione di cui da adulta potrà farsi portatrice e annunciatrice, assorta nell’adorazione del mistero come quella donna.

Il vescovo entra nella chiesa antica risalente all’anno mille accolto dal parroco, don Gianni Sangiorgio, da quello della Santissima Trinità, padre Mario Vecchierelli, e dal vicario foraneo don Mimmo Giannandrea che guida San Francesco d’Assisi a Marina di Cerveteri. La banda diretta da Augusto Travagliati disposta sui banchi della “vecchia” chiesa, omaggia il presule con la sua musica che riproporrà durante la celebrazione, alternandosi con il coro formato dalle varie comunità cervetrane.

Inizia la Messa. Nell’aula della chiesa “nuova” i posti limitati per l’emergenza sanitaria sono tutti occupati, tra i presenti c’è il sindaco Alessio Pascucci con gli assessori Federica Battafarano ed Elena Maria Gubetti. La confraternita del Santissimo Sacramento, i cui membri hanno allestito l’infiorata, apre la processione d’ingresso e cura il servizio liturgico assieme alle confraternite di San Francesco, del Rosario e della Santissima Trinità. La liturgia della Parola percorre la storia dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Il libro dell’Esodo racconta l’adesione di Israele ai comandamenti del Signore sancito da Mosè con il sangue del sacrificio, cantato dal Salmo 115. Nella lettera agli ebrei, Paolo chiarisce ai suoi fratelli il sacrificio perfetto compiuto da Gesù, che il Vangelo ricorda nella descrizione dell’ultima cena raccontata da Marco.

Il vescovo inizia la sua riflessione parlando di «eucarestia per la vita» a cui ognuno attinge secondo le sue possibilità, secondo la sua storia, e attraverso cui «ciascuno trova senso del servizio e della partecipazione». Nell’immagine della brocca portata dall’uomo che Gesù dice ai discepoli di seguire per conoscere la stanza della Pasqua c’è il segno «dell’umanità assetata che attende di essere rinnovata». E la stanza è il luogo dove Gesù cerca l’uomo: «La stanza è la cella del cuore dove tu incontri veramente Gesù, per questo lui si fa pane, si fa assimilare, lì celebriamo la Pasqua» spiega il presule che aggiunge «Il nostro cuore sia la nostra vera custodia eucaristica». Una «vita eucaristica» cambia la prospettiva dell’esistenza, «ci toglie la prigionia e ci dona la gioia della vita e la consapevolezza di essere figli amati», ci chiede di seguire la Parola di Gesù come il popolo di Israele ha seguito Dio.

Ma, «Siamo convinti di seguirlo?» domanda il vescovo. Eucarestia, parola, vita sono unite nella vita del cristiano? «Le ingiustizie, le discriminazioni, il razzismo, i respingimenti continuano a gridare vendetta. Non è possibile che ci sia gente che muoia per l’inquinamento o muoia di fame. Gesù ci domanda di seguirlo qui nella fragilità» sottolinea il presule. Non c’è un’epoca migliore o una peggiore: il cristiano ama la storia, è immerso in essa. Gesù ha incontrato tutti dalle prostitute agli uomini di potere: «Lui, il sacerdote della vita eterna, si è incarnato per connetterci con Dio e con lui noi ogni giorno dobbiamo servire l’umanità, colmarla della sete della verità, della bellezza, dell’autenticità perché lui è il Signore, lui solo».

La celebrazione continua. Il pastore spezza il pane di vita nell’eco della Parola che ha spezzato prima tra l’attenzione della gente. Le sofferenze dei più fragili espresse nell’omelia e portate nella memoria della consacrazione diventano preghiere di intercessione davanti all’ostia sull’altare per l’Adorazione alla fine della Messa. Ha smesso di piovere: prende l’ostensorio, lo porta lungo la navata e cammina sull’ornamento floreale fino alle scalette. Benedice la città.

Simone Ciampanella

 

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