Penitenti nella grazia

Il vescovo Reali durante il rito delle ceneri in cattedrale: «Riconciliazione e salvezza sono dono di Dio»

«Convertitevi e credete al Vangelo! Con questi due imperativi la comunità cristiana è convocata per accogliere l’azione misericordiosa di Dio e ritornare a Lui. Il rito di imposizione delle ceneri può essere considerato una specie di iscrizione al catecumenato quaresimale, un gesto di ingresso nello stato di penitenti». Il vescovo Reali avvia così la sua riflessione durante la celebrazione del mercoledì delle ceneri presieduta nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Un’assemblea trasversale quella raccolta nella chiesa madre di Porto– Santa Rufina per questa antica liturgia: tanti gli scout, gli anziani, i giovani. Tutti attenti a un simbolo che sin dalla più tenera età si impara osservando i più grandi.

Come ogni simbolo trasmesso non è chiaro all’inizio, poi con il tempo e gli anni si impara a comprenderlo anche se rimane sempre sfuggente il suo linguaggio. Eppure nel celebrarlo riesce a dare un senso, ci rende partecipi di una verità tanto presente quanto eccedente: è la presenza della grazia di Dio.

«San Paolo – spiega il vescovo riprendendo la lettera i Corinzi – ci ricorda che la nostra riconciliazione e la nostra salvezza non sono frutto delle nostre opere, della nostra bravura, ma dono di Dio. Perciò l’Apostolo ci dice di accogliere la grazia di Dio». Nella Quaresima Gesù ci dà la possibilità di immergerci in un cammino di riavvicinamento a lui verso la sua Pasqua.

Ed è lui ad indicarci i sentieri da battere per ritrovarlo nella meta della salvezza: la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Queste strade vanno percorse tutte e tre assieme perché, continua il vescovo, «nella preghiera ritroviamo il rapporto con Dio, nel digiuno ritroviamo il rapporto con noi stessi e nell’elemosina ritroviamo il rapporto con gli altri». Ma nel racconto dell’evangelista Matteo, Cristo ci mette in guardia sullo stile da tenere, «che è quello della lealtà e della sincerità».

Monsignor Reali invita poi a prestare attenzione a quanto riferisce Gioèle nella prima lettura , «ci invita a una preghiera corale, non basta la preghiera individuale ma la voce di tutti è più forte e certo arriva al cuore di Dio “Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti”».

Sempre nel libro del profeta ritroviamo anche l’atteggiamento che devono seguire i sacerdoti, perché siano fedeli al loro ruolo di mediazione, di preghiera a Dio per la salvezza del popolo che egli si è scelto: «Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo».

Dopo la meditazione del vescovo i fedeli in cattedrale, assieme ad ogni altra comunità, ripetono quell’antico gesto. In fila e in silenzio offrono il capo per raccogliere quel po’ di cenere che ricorda ai discepoli la promessa di Dio al profeta Isaia sottolineata dall’apostolo Paolo: «”Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso”. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!».

Simone Ciampanella

foto Filippo Lentini

(12/03/2019)

 

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