La famiglia Loconsole in Sudafrica

Mese missionario 3

Rino, Caterina e i loro figli Giorgia, Giovanni e Giacomo. La famiglia Loconsole, nel Cammino neocatecumenale, è in Sudafrica dal 2015. La loro è la terza missione che raccontiamo su queste pagine. Per la veglia missionaria don Federico Tartaglia, direttore del Centro missionario, ha chiesto a Rino di raccontare la loro esperienza. «Tanti parenti, amici, fratelli di comunità – scrive Rino – ci chiedono sempre quando ci salutano “come va la missione?” L’unica cosa che possiamo rispondere è che la missione va fino a quando seguiamo Gesù Cristo, fino a quando ci lasciamo guidare da lui e lasciamo che lui provveda alla nostra vita. Come Abramo, seguiamo lui contro ogni razionalità. Così abbiamo la possibilità di vedere miracoli».

Quando tre anni fa hanno raggiunto l’Africa erano ignari di cosa li attendesse. Macchina, casa, cibo vestiti. Tutto è arrivato per provvidenza, perché avendo il visto come missionari non possono lavorare. «Il Signore si è manifestato con fatti concreti provvedendo al momento opportuno, non un minuto prima e non un minuto dopo». Giorno dopo giorno hanno così scoperto che non erano lì per convertire ma per essere convertivi. «Siamo partiti pensando di salvare il mondo e invece stiamo facendo un cammino per salvare noi stessi. La missione è per noi e non noi per la missione. Anche i nostri figli crescendo vedono questo e sono felici».

Ma la vita in missione non è rosa e fiori, ci sono tristezze, dubbi, eppure la ragione dell’annuncio è più forte. «Ora stiamo facendo le catechesi in una parrocchia che si trova in una zona molto povera di Cape Town, per cui anche molto rischiosa per la presenza di gang». È distante 50 chilometri dalla loro casa, col traffico impiegano quasi un ora e mezzo ad arrivare. Dagli incontri con gli abitanti di questa zona hanno colto che dietro tutte le sofferenze c’è la solitudine. «L’unica cosa che facciamo per queste persone è portare l’annuncio di Gesù Cristo: che Dio li ama così come sono, che è l’unico che può vincere su tutte le loro sofferenze, che può riempire il profondo senso di vuoto che sentono ». Il problema di oggi, scrive Rino, è saper ascoltare, cioè «lasciare che la parola di Dio ti giudichi e che ognuno di noi si riconosca peccatore » e così trovare lo spazio per ascoltare la sua chiamata e gli altri. La bella notizia è che «Dio ci ama così come siamo», «ci ama a tal punto che ha inviato il suo unico figlio per la nostra salvezza. Gesù Cristo è morto ed è risorto per la nostra giustificazione». La famiglia Loconsole vive ogni giorno su questa certezza, «abbandonandoci quotidianamente alla volontà di Dio, lasciare che lui ci conduca in questo viaggio che è la vita terrena, lasciare che diventiamo segno per l’altro amandoci così come lui ci ha amato e ci ama ogni giorno, amare nella dimensione della croce che significa morire per l’altro. Tutto questo ci rende liberi e felici».

Simone Ciampanella

(22/10/2018)

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