I bambini di Barati in Romania insegnano l'accoglienza

Mese missionario 2

 

Continua il viaggio attraverso i servizi svolti in estate dai volontari del Centro missionario diocesano. Dal Cara di Castelnuovo di Porto, raccontato la scorsa domenica, ci spostiamo oggi in Romania.

Questa missione ha coinvolto nove ragazzi della diocesi di Porto– Santa Rufina. Per dodici giorni nel mese agosto sono stati alle “Casa de copii sf. Maria”, orfanotrofio di Barati a Bacau gestito dalle suore assunzioniste. I giovani hanno animato circa 40 bambini e ragazzi presenti nella casa, coinvolgendoli in giochi e attività manuali. Hanno vissuto a pieno lo spirito della casa condividendo tutti i momenti della giornata. Preghiera giornaliera, pasti, aiu- tando i piccoli “copii” (che in romeno significa “bambini”) nei lavori domestici. Compiti di routine quotidiana che sembrano banali, in realtà preziosi momenti in cui scherzare insieme, prendere confidenza e intessere relazioni.

Tra le motivazioni che hanno spinto i volontari a partire c’era il desiderio di mettere la propria vita al servizio di chi ha bisogno, con la consapevolezza che la missione possa essere un’occasione per imparare qualcosa di nuovo, conoscere meglio se stessi ma soprattutto testimoniare l’amore ricevuto da Dio.

Il viaggio è iniziato ancor prima del giorno della partenza, durante il periodo del VolEst (corso di formazione per il volontariato missionario), quando i volontari hanno cominciato a sognare di incontrare i bambini e i ragazzi con cui avrebbero svolto il loro servizio, immaginando di poter giocare e relazionarsi con loro. Con questo spirito hanno iniziato da subito ad adoperarsi per trovare fondi e materiale utile da donare all’orfanotrofio. Il servizio in qualche modo è iniziato proprio qui, con la disponibilità verso le necessità dei bambini.

Certo, non c’è stato solo entusiasmo per l’attesa, anche alcune paure. I volontari alla loro prima esperienza temevano di non riuscire a comunicare adeguatamente con i bambini, non conoscendo la lingua romena. Ma, durante la permanenza nella casa questo punto di debolezza si è trasformato in una possibilità di arricchimento. Perché i giovani hanno dovuto imparare un linguaggio differente fatto di sguardi, semplici gesti e attenzioni ai particolari per entrare in relazione con i piccoli. Alla fine proprio da loro è arrivata la testimonianza dell’amore di Dio: hanno trasmesso ai giovani missionari il tesoro della loro umanità. Nonostante i copii avessero alle loro spalle storie di sofferenza e privazioni, non si sono risparmiati nel donare attenzioni agli amici italiani, li hanno fatti sentire a casa loro.

Al ritorno i giovani missionari hanno portato con loro l’esempio di questa accoglienza. E si sono impegnati a renderla quotidiana nella loro vita e in quella degli altri. Per far conoscere a tutti la speranza e il coraggio visti nei sorrisi di quei bambini. (2. segue)

Matilde Scuderi

 

 

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