Quelle vite in transito

Fiumicino. Adr e diocesi con Caritas italiana per la dignità dei senza dimora in aeroporto

«Portami fuori dall’aeroporto». Non è il Tom Hanks intrappolato nello scalo di New York in The terminal a chiedere aiuto. Certo, come per Viktor Navorski anche lui può dire di aver scoperto l’umanità in un luogo in apparenza privo di relazione. Ha vissuto 12 anni per strada Luigi B., di cui 8 al Leonardo Da Vinci di Fiumicino. Come altri aveva trovato riparo nei luoghi apparatati dell’aerostazione: donne e uomini stanziali quasi inesistenti agli occhi dei nomadi diretti verso gli aeromobili. «Nessuno si avvicina a noi, è come se non ci fossimo» racconta l’uomo, «la gente neanche pensa al perché siamo finiti sulla strada, invece don Giovanni mi ha parlato, mi ha detto che se volevo potevo essere aiutato».

Luigi ha raccontato la sua storia di uscita dall’aeroporto nel convegno «Vite in transito». L’evento si è tenuto il 15 febbraio nel Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, organizzato da Aeroporti di Roma e dalla diocesi di Porto–Santa Rufina con la collaborazione di Caritas Italiana.

Tra viaggiatori in sosta e quelli in corsa per non perdere il volo, l’aeroporto ha voluto mostrare il suo volto umano, raccontando una bella storia di collaborazione e attenzione agli ultimi. Tutto nasce dalla diffusione dei senza dimora nelle aerostazione. A Fiumicino, come in altri scali, il fenomeno è cresciuto negli anni. Conosciuto già dai responsabili è arrivato sotto i riflettori della cronaca con i servizi di Jimmy Ghione. Presente all’evento, l’inviato di Striscia la notizia ha detto: «Dovete essere fieri di questa iniziativa».

All’inizio era solo un problema di sicurezza risponde Ivan Bassato, direttore airport management Adr, a Emilio Albertario del Tg2 moderatore dell’incontro. Ma la strategia di allontanare i senza dimora dall’aerostazione non portava ad alcun risultato. Il problema andava risolto alla radice, diventando anche, e soprattutto, una questione di dignità della persona. Ma come fare?

L’interlocutrice immediata è stata la Chiesa. Attraverso la parrocchia di Santa Maria degli Angeli, c’è stato un contatto con la diocesi di Porto–Santa Rufina, poi con Caritas diocesana è iniziata la progettazione di un intervento adeguato alle necessità dell’aerostazione e a quelle delle persone da aiutare. Sono stati formati dei volontari ed è stata realizzata una struttura per accogliere e accompagnare le persone nel ritrovare la loro dignità. Proprio come una comunità allargata interviene don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana.

Il sacerdote ha salutato l’iniziativa come un’opera–segno di apertura al bene, inteso come una responsabilità condivisa in cui ognuno fa la sua parte. Sono circa 100 i casi seguiti nell’ultimo anno, con età tra i 51 ai 65 anni: il 40% italiani. Sette persone sono state ricollocate nei comuni di residenza e altri hanno fatto ritorno tra le loro famiglie d’origine all’estero.

Certo, è un impegno quotidiano in cui cooperano personale Aeroporti di Roma (Adr), volontari e forze dell’ordine, spiega don Giovanni Soccorsi, parroco dell’aeroporto. Osservare, ascoltare, essere discreti nel domandare e pronti nel dare risposta: così si entra in contatto con le persone in disagio e si prova a offrire loro una possibilità. Questa d’altronde è la missione della parrocchia, «chiamata ad aiutare le persone a entrare ancora di più dentro al Vangelo» dice il vescovo Reali che ringrazia tutti per questa iniziativa, «una strada per aprire gli occhi e il cuore per rimanere accanto agli ultimi.


Simone Ciampanella

(1902/2018)

 

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