«Quei minori sono nostri figli da difendere»

La Giornata del migrante e del rifugiato al Sacro Cuore dei Ladispoli

«Siamo fatti della stessa pasta, siamo tutti fratelli». Senza saperlo il vescovo Reali e il sindaco Crescenzo Paliotta hanno pronunciato queste stesse parole. È domenica 15, Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che ha come tema “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce” . A Porto–Santa Rufina quest’anno tocca alla parrocchia del Sacro Cuore di Ladispoli ospitare l’edizione diocesana.

Si entra nel teatro della parrocchia e si incontrano nigeriani, filippini, rumeni, polacchi, messicani e slovacchi, alcune tra le comunità presenti nel territorio diocesano. Sono qui per festeggiare insieme la fraternità tra i popoli mettendo in piazza le proprie identità. Lo fanno con le loro tradizioni. Dagli abiti, ai canti ai balli. Ognuno adotta il modo che più rappresenta la propria storia. «Siamo tutti pieni di ricchezze che possiamo condividere per conoscerci meglio», dice don Alberto Mazzola, vicario generale e amministratore parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù. Al suo invito fa eco il saluto di Enzo Crialesi, direttore ufficio Migrantes, infaticabile animatore di questo evento e di tutta la pastorale per gli immigrati.

Comincia lo spettacolo. Due ore passate velocemente, che coinvolgono per la differenza con cui ogni popolo riesce a mostrare la propria esperienza di fede cristiana. Sono soprattutto i bambini e i ragazzi che danno una grande testimonianza. Molti nati in Italia, con difficoltà a pronunciare la lingua dei loro genitori, ma aiutati da questi a non perdere le proprie origini. «Non è costruendo muri che possiamo affrontare la questione delle migrazioni», dice il sindaco Paliotta, presente all’iniziativa con Silvia Marongiu, delegata all’integrazione, cooperazione e progettazione europea, e con Mario Buonocore, delegato alle comunità religiose. Si sta assistendo a uno dei più importanti movimenti di popoli nella storia, continua il sindaco, simile a quello che ha vissuto il continente americano agli inizi del Novecento. «Come ha detto bene il presidente Obama nel suo ultimo discorso pubblico, gli Stati Uniti sono stati arricchiti da tutti i migranti che dall’Europa raggiungevano l’altra sponda dell’Atlantico per cercare fortuna». È questo il tenore della Messa seguita alla bella kermesse folkloristica. Il coro della parrocchia che si è alternato con i canti delle comunità migranti ha saputo aiutare tutti a pregare. E poi le letture in tagalo, in inglese e in polacco.

«Sono davvero contento di essere qui con voi e con i vostri cappellani per pregare insieme» dice monsignor Reali, che ha celebrato la Messa. «Proprio qui, dall’altare dobbiamo partire per crescere nella comunione, perché è nella preghiera comune che riscopriamo continuamente la nostra fraternità. Noi siamo vecchi, giovani e bambini. O di questo luogo piuttosto che di un altro. Ma uniti nella fede in Cristo. Noi dobbiamo solo lasciarci illuminare da lui saperci accogliere tra di noi». Bisogna essere consapevoli che il fenomeno migratorio non è avulso dalla storia della salvezza ma ne fa parte. Dobbiamo dunque sentirci corresponsabili. «Tutti i migranti sono nostri fratelli e sorelle, tutti i minori migranti sono nostri figli». E proprio i piccoli devono essere tutelati senza se e ma: sull’accoglienza verso di loro, e non solo, si misura la fedeltà a Cristo. «L’immagine dell’Agnello che paga con il suo sangue ci porta alla sofferenza degli innocenti, dei bambini forestieri, senza voce e senza famiglia che pagano il prezzo più alto di un dramma, quello dell’emigrazione, che tocca tutti gli uomini, nessuno escluso». Bisogna rispondere a questa realtà, difendendo i diritti fondamentali dei bambini: «Avere un ambiente familiare sano e protetto e avere un’educazione adeguata in famiglia e a scuola per crescere come persone protagoniste del loro futuro e di quello della patria».

Simone Ciampanella

foto Filippo Lentini

(20/01/2017)

 

 

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