La deriva relativista nell'architettura delle nuove chiese

"La liturgia soffre dell'eccessiva immanenza. Per riequilibrare la bilancia in favore del trascendente, la Chiesa deve innanzitutto reclamare lo spazio sacro"

di Moyra Doorly *


* architetto

 
nella foto: St. Pius Kirche, Meggen (Svizzera)

  

 

 

La deriva relativista
nell'architettura delle nuove chiese

 

di Moyra Doorly 

Lo stile architettonico di una chiesa in un determinato tempo riflette molte cose, non da ultimo il tipo di universo percepito in quel tempo. Come la cattedrale gotica può essere letta come un microcosmo dell'universo medievale, così l'edificio ecclesiale contemporaneo si può leggere come un modello dell'universo contemporaneo. Ne deriva che l'argomento di adottare "le norme attuali per il progetto di spazi liturgici" è anche un argomento valido, ad esempio, per modellare l'edificio ecclesiale all'universo nel quale il nostro tempo pensa di vivere. Ed essendo un tempo di relativismo, questo universo è intrinsecamente materialista e profondamente ostile al Divino.

Si dice che l'età moderna sia iniziata nel 1915, anno della pubblicazione della teoria generale sulla relatività di Einstein. Il corpo delle idee che costituiscono il modernismo sono anteriori a quella data, ma ci è voluta la relatività per dare contesto cosmico e forma a quel corpo. In risposta al già famoso esperimento Michelson-Morley che dimostrava che la luce non obbedisce alle leggi assolute del moto di Newton, Einstein escluse gli assoluti. Da quel momento in poi, l'universo sarebbe diventato un affare puramente soggettivo. Tutti i punti di vista sarebbero ugualmente validi e il valore sarebbe attribuito solo dall'osservatore.


Pertanto, l'universo relativista è:

1) senza confini, poiché ogni parte di esso e ogni luogo in esso ha ugual valore, uguali confini e le divisioni tra i luoghi sono superflue.

2) omogeneo, in quanto non essendoci confini e divisioni, i luoghi si fondono insieme in un grande spazio che resta uguale ovunque.

3) senza direzione, poiché in uno spazio illimitato ed omogeneo non c'è niente da guardare e nessun luogo particolare verso cui andare.


Il risultato di tutto ciò è un universo vuoto e senza senso. Dal momento che non vi è alcuna realtà o verità oggettiva da scoprire, poiché nello spazio infinito e illimitato c'è posto a volontà per ogni possibile punto di vista - nessuno dei quali però può smuovere tutto quel vuoto - l'unica direzione verso cui guardare è all'interno.


Si afferma spesso che nell'universo medievale o, più precisamente, nell'universo tolemaico la Terra era collocata al centro delle cose, per cui nel Medio Evo si credeva che tutto nell'universo girasse attorno all'Uomo e alla Terra. Si sostiene ancora che nell'età moderna noi conosciamo la verità: noi e il nostro pianeta non stiamo in realtà da nessuna parte e siamo del tutto insignificanti in un universo che si estende verso l'infinito in tutte le direzioni.


Tuttavia nell'universo tolemaico la Terra appare in grafico come la sfera centrale in mezzo a tutte le sfere. Ma se leggiamo il grafico in modo tridimensionale, appare evidente che la reale posizione della Terra è quella più lontana da Dio. Nel Medio Evo infatti si credeva che la Terra fosse al punto più basso dell'universo a causa dello stato decaduto dell'Uomo. E' l'universo moderno - nel quale le uniche verità che valgono sono quelle che nascono dalla coscienza umana - che è realmente antropocentrico.


Trasferendo il concetto relativista nell'architettura sacra, ne deriva che il disegno di chiesa modernista è:

1) senza confini, in quanto ogni sforzo è teso a diminuire o annullare le divisioni tra le parti dell'edificio. Ciò risulta chiarissimo nella fusione del presbiterio con la navata (o il corpo) della chiesa, sia visibilmente che generando traffico tra le due parti, con i laici che entrano frequentemente nel presbiterio e il sacerdote che ne esce.

2) omogeneo, poiché la tipica chiesa contemporanea ha poche divisioni tra gli spazi e l'aspetto estetico complessivo è di uniformità. Diventa difficile distinguere tra di loro le varie aree dell'edificio; e facendo a meno di statue, dipinti, incisioni, ecc. in favore di un'estetica modernista totalizzante, si ha la chiara impressione di cogliere con un solo colpo d'occhio l'intero spazio.

3) senza direzione, c'è ben poco infatti che attiri lo sguardo o muova il corpo in avanti, con il presbiterio e l'altare spinti fin dentro il corpo della chiesa con i fedeli raccolti in cerchio. In effetti, è una configurazione di tipo circolare. Anche in una chiesa non riordinata, il semplice fatto che il sacerdote si volga verso i fedeli, crea una forma circolare. I cerchi sono essenzialmente non-direzionali, chiusi, auto-referenziali.


Il risultato è una comunità che guarda se stessa, in cui l'immanente ha la priorità sul trascendente, o perfino lo esclude. La Chiesa contemporanea eleva il culto in uno spazio relativista, uno spazio che deve - per sua propria natura - escludere o radicalmente ridurre il concetto che una qualche parte di esso sia speciale o degna di essere valorizzata, che una qualche parte di esso, insomma, sia sacra. E in assenza di uno spazio di qualche significato da guardare all'esterno, la sola opzione è quella di guardarsi dentro.


L'importante documento "Ambiente e arte nel culto cattolico", pubblicato dalla Commissione Episcopale degli Stati Uniti sulla liturgia nel 1978, ha riassunto in modo perfetto lo stile dell'edificio chiesa nel post-Vaticano II. Nel documento, viene ulteriormente sviluppata l'attenzione del Concilio sulla presenza di Cristo nell'assemblea liturgica, fino ad arrivare a dire che "l'assemblea è il simbolo primario di culto".


L'atto liturgico, afferma il documento, attinge più al "riconoscimento del sacro da parte della comunità" e "ne è espressione", che non a principi liturgici o teologici. Ed eccola dunque la chiesa relativista: in bianco e nero, cemento, acciaio e vetro, svuotata di trascendente a tal punto che la sua fonte primaria di significato è la comunità.


E' stato solo dopo il Concilio Vaticano II che la Chiesa ha adattato la liturgia allo stile modernista. Nella prima metà del secolo XX, vennero costruite chiese che erano inconfondibilmente moderniste ma che conservavano le forme liturgiche tradizionali.


La Scuola Bauhaus fu fondata nel 1919 a Weimar, in Germania, dall'architetto Walter Gropius. Molti importanti modernisti vi insegnarono con lo scopo di creare uno stile puro e pulito per un futuro puro e pulito. Le tradizioni e gli stili venivano considerati obsoleti e il discorso verteva tutto sul "partire da zero". Si doveva trovare una nuova estetica e si doveva abolire ogni forma di decorazione.


L'architetto Le Corbusier pubblicò "Verso una nuova architettura" nel 1923, un testo che sarebbe diventato una delle opere più influenti nel campo della teoria architetturale del XX secolo. Vi si trovano i principi spaziali che avrebbero ispirato il nuovo corso: "Una grande epoca è iniziata. Esiste un nuovo spirito... Sono finite le consuetudini o le tradizioni... Gli stili sono una bugia...".

Il messaggio era chiaro. Il passato era morto e si stava spalancando il futuro.


Come la teoria della relatività aveva liberato lo spazio universale dagli assoluti, così lo spazio architettonico doveva liberarsi dai concetti tradizionali. I nuovi metodi di costruzione con l'uso di acciaio e cemento armato consentivano di realizzare campate più ampie senza molta solida muratura. Lo spazio poteva finalmente "scorrere", non essendoci più alcun bisogno di restringere un'attività a un'area separata da grandi pareti. Lo spazio dal flusso libero diveniva così multi-funzionale e a pianta aperta. Porte scorrevoli e pareti divisorie consentivano che le aree (o zone) di attività si potessero chiudere e riaprire secondo le necessità.


Un edificio non veniva più considerato in termini di spazi collegati ma singolarmente definiti, piuttosto come espressione di spazio illimitato ed egualitario. Tendaggi leggeri alle pareti ed estese vetrature contribuivano ad illuminare il perimetro dell'edificio, mentre la città doveva essere liberata abbandonando i modelli tradizionali di strade, piazze, viali, cortili, ecc. Innalzando edifici direttamente su colonne o "piloti", si poteva far scorrere spazio anche sotto di essi.


Una delle lamentele più frequenti sulle chiese contemporanee è che "non sembra una chiesa", che per un modernista suona come la prova di "un attaccamento sentimentale a concetti antiquati". Dopo tutto, se ci hanno liberato dalle limitazioni delle forme tradizionali, chi saprà più a cosa deve assomigliare una chiesa?


Parte del progetto modernista è stato quello di trovare ispirazione nell'antichità. Le statue dell'isola di Pasqua, i templi maya, l'Acropoli dimostrano la purezza delle forme "primarie" quali cubi, piramidi, sfere e rettangoli che possiedono un'intrinseca bellezza solo per la loro geometria. Questa tendenza a rivolgersi al passato più lontano per sviluppare uno stile per il futuro, è una caratteristica di gran parte dell'arte modernista.


La stessa predilezione viene manifestata verso la Chiesa primitiva quale modello da seguire per la costruzione di nuove chiese o per riordinare le chiese storiche. Gli architetti modernisti sostengono che la liturgia contemporanea richieda un'autentica ambientazione corrispondente, che rifletta la semplicità e la comunione che i primi cristiani sperimentavano quando si radunavano nelle case o nel più semplice dei luoghi.


La realtà però è che i primi cristiani vivevano in un universo direzionale, confinato e gerarchico. Fu Aristotele a proporre che il confine tra il regno terreno (soggetto a mutazione e decadimento) e il regno celeste (immutabile ed eterno) si ponesse nell'orbita della luna. La divisione dell'universo in Cielo e Terra fu in seguito sviluppato con la distribuzione di nuovi elementi. Sotto la luna c'era l'aria, la terra, il fuoco e l'acqua, mentre al di sopra della luna vi era il quinto elemento o "etere".


L'astronomo Tolomeo di Alessandria, morto attorno al 180 d. C., tracciò le orbite delle sfere celesti. Dalla Terra verso l'alto c'era la luna, Mercurio, Venere, il sole, Marte, Giove, Saturno e lo "Stellatum", o firmamento. Poi veniva il Primo Mobile e al di sopra - oltre la nona sfera - l'Empireo, la dimora di Dio. Era l'amore di Dio che faceva muovere il Primo Mobile, movimento che si trasferiva in basso alle sfere che, nel girare, producevano musica. Era un universo mosso dall'amore di Dio. Le sfere, come i nove cori angelici, aumentavano in perfezione quanto più erano vicini a Dio. La sfera estrema - la Terra - era composta di un elemento diverso dal resto dell'universo.


E' difficile immaginare un universo più differente dal nostro. Per i medievali, la direzione contava moltissimo - il sopra e il sotto avevano valore assoluto. Il loro era un universo trascendente che ispirava movimento e aspirazione. Era di importanza cruciale sapere a quale posto si era nella gerarchia, e ogni parte della gerarchia era occupata.


Quell'universo è morto. Ma è morto per il desiderio umano di salire sempre più in alto dal fondo della massa cosmica o per la scoperta di nuovi fatti scientifici? Come ha sottolineato C. S. Lewis, il modello universale di un'epoca è il prodotto tanto della psicologia di quell'epoca quanto della sua conoscenza scientifica.


Quando cresce l'appetito per un universo nuovo o modificato, si producono fenomeni scientifici per giustificarlo - o così pare. Ciò è dovuto in parte al fatto che la scienza non è così fissa nelle sue teorie come sembra. Ad esempio, non c'è abbastanza materia nell'universo  per soddisfare le leggi di gravità che dovrebbero governare le forze tra i pianeti e le stelle e continuare a far girare le galassie. Ma si continua a dire che la gravità è questa forza universale perché conviene al mondo contemporaneo dire così.


Così pure l'effetto Doppler, che spiega perché varia il suono del clacson al passaggio di un'automobile, viene usato per spiegare la variazione di luminosità rossa che si osserva nelle onde di luce che promanano dalle più lontane galassie dell'universo. La variazione di luminosità rossa indicherebbe l'allontanamento delle galassie rispetto a noi, tesi che porta all'espansione dell'universo e alla teoria del big bang. Ma c'è chi dubita che i fenomeni osservati, da altro non siano dovuti che dagli effetti di variazione della luminosità rossa. Ma ancora una volta, queste critiche gettano troppi dubbi nella scientificità dominante.


Si sente spesso in questi giorni invocare la risacralizzazione della liturgia. Ma non si potrà raggiungere senza la risacralizzazione dello spazio, senza il ritorno del concetto di un universo sacro. La mentalità contemporanea favorisce il relativismo, ma non durerà sempre. Nel frattempo, la cultura popolare si è lanciata nello spazio cosmico riadattando i miti e ambientando alcune delle sue più popolari avventure al di là del pianeta.


La Chiesa non può accettare l'universo relativista. E' ormai riconosciuto che la liturgia soffre dell'eccessiva immanenza. La Chiesa, per riequilibrare la bilancia in favore del trascendente, deve innanzitutto reclamare lo spazio sacro.

 


fonte: Sacred Architecture, spring 2002, pag. 17 - 19
http://www.sacredarchitecture.org/images/uploads/volumesPDFs/Issue_6_2002.pdf

trad. it. a cura di d. Giorgio Rizzieri

 

(26/04/2012)

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