San Marco e i coloni veneti

Umile e al servizio dell’annuncio perché tutti comprendano «la densità dell’amore Dio». È l’immagine dell’evangelista Marco descritta il 25 aprile scorso dal vescovo Gianrico Ruzza nella parrocchia di Pantan Monastero dedicata a lui e a san Pio X. Patroni a cui i coloni veneti, arrivati in questa zona dell’agro romano, vollero affidare le loro vite negli anni Cinquanta del secolo scorso; posero la prima pietra della loro chiesa 70 anni fa nel settembre del 1953 con la benedizione del cardinale Eugène Tisserant.

Con il loro ricordo il parroco don Krzysztof Dudała ha salutato il pastore all’inizio della celebrazione concelebrata dal vice parroco don Andrea Barbero e da altri sacerdoti del territorio. San Marco ha saputo intrepretare le aspirazioni della prima comunità cristiana ponendo le basi della pratica del catecumenato con riguardo ai pagani. Egli, ha spiegato il vescovo, ha intercettato le domande fondamentali dell’umanità mostrando il volto umano di Gesù.

Il racconto marciano ci accompagna a scoprire il Vangelo «annunciato nudo in quella che è la sua bellezza» rivolta, allora come oggi, ai semplici. In ognuno degli incontri tramandati «Marco ci fa comprendere che chi crede vede lontano, entra nella porta che dà senso all’esistenza e fa trovare il vero tesoro del cuore: incontrare la vita reale di Gesù». Nel giorno della della liberazione, il pastore ha rivolto un pensiero a coloro che da posizioni distanti e vicine al Vangelo hanno espresso con la vita il suo messaggio di libertà, giustizia e pace.

Oggi, da continuare a cercare nel dilagare della guerra: «Invece di investire in industrie di armi, dovremmo investire nella pace. Va detto, il problema politico del mondo è il mercato delle armi». Alla fine della Messa dopo la lettura della preghiera al protettore scritta dallo storico parroco don Gustavo Cece, la comunità ha offerto al vescovo due libri sulla vita di San Francesco d’Assisi e di Santa Caterina da Siena. Poi, assieme al delegato per la pastorale dello sport Corrado Taggiasco ha inaugurato il nuovo campo di calcio a cinque.

Simone Ciampanella

«Quando don Krzysztof Dudała, don Cristoforo per tutti, mi ha invitato il 25 aprile alla Messa patronale di San Marco Evangelista, per poi inaugurare insieme a lui ed al vescovo Gianrico Ruzza il nuovo campo di calcio a 5, ho provato gioia e soddisfazione per la comunità di Pantan Monastero. Oggi giorno avere nelle parrocchie un luogo di sport e di gioco per i giovani hanno ancora voglia di giocare. Lo sport permette di incontrare i ragazzi ed educarli ai valori cristiani e civili. Molte zone della diocesi di Porto-Santa Rufina sono povere di strutture sportive, da qui l’importanza di un luogo educativo come quello parrocchiale. Prima del taglio del nastro da parte del vescovo ho letto un brano tratto dalla lettera di San Paolo a Timoteo, famosa per il suo parallelismo tra la vita cristiana e quella sportiva. Nella prima lettera ai Corinzi l’apostolo dice poi anche: «Faccio pugilato, ma non come chi batte l'aria... perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato». Ecco credo fermamente che don Cristoforo non abbia scommesso risorse economiche e di tempo per dare “pugni a vuoto”, direi che come molti sacerdoti guarda alla concretezza, così come i suoi collaboratori tra cui il diacono Michele Sardella che conosco oramai da tempo. O come Massimiliano, persona che già si è resa disponibile per gestire e organizzare il tempo libero dei ragazzi dell’oratorio. Ora la parte più faticosa, l’organizzazione delle attività sportive con persone volenterose e preparate, per dare non solo un servizio pastorale ai ragazzi ma anche alle famiglie. L’offerta sportiva della diocesi conta ora di un altro tassello per formazione i ragazzi, aumentando quella rete di buone pratiche e di collaborazione per offrire spazi di aggregazione per tutti.

 

Corrado Taggiasco, pastorale dello sport