Un cuore nuovo con parole e opere

L’inizio della Quaresima con il rito della ceneri di mercoledì scorso si è inserito nella lunga esperienza di fragilità vissuta da tutta l’umanità nell’ultimo anno. Con la Pandemia l’antico gesto della polvere cosparsa sul capo ha espresso con eloquenza la condizione di creatura dell’uomo. L’atmosfera di sacro silenzio tra i banchi della cattedrale della Storta per la celebrazione presieduta dal vescovo Reali sembrava proprio esprimere questa consapevolezza da parte dei fedeli: ognuno portatore di storie di conoscenti e amici colpiti dal Covid-19.

Ma, la preghiera, semplice e con i canti del coro animati dalla freschezza di una voce giovanissima, si è aperta con la speranza, ricordando la priorità della grazia di Dio. L’antifona ispirata al libro della Sapienza ha invocato l’amore del Signore per tutte le creature: «nulla disprezzi di ciò che hai creato» anzi «chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento, e li perdoni, perché tu sei il Signore nostro Dio». Il cammino dei quaranta giorni in preparazione alla Pasqua di Risurrezione rappresenta l’attesa di Dio nei confronti della sua creatura.

Il percorso del deserto per avvicinarci alla memoria della Salvezza «si nutre dell’ascolto della Parola di Dio e della preghiera» ha commentato il vescovo nell’omelia invitando a riflettere «sulla scelta a cui siamo chiamati per convertire il nostro cuore». Con la cenere «ricordiamo la nostra condizione di fragilità e siamo richiamati all’umiltà» attraverso cui favorire una meditazione quotidiana sulla nostra vita e sulle nostre relazioni. Tutto parte dall’umiltà e dalla semplicità del cuore. È lo stile indicato da Gesù nel Vangelo di Matteo in cui egli insegna la riservatezza nella penitenza e la coerenza tra il dire e il fare: «Quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

La cenere, immagine della polvere, immagine della terra, ci richiama all’atteggiamento dell’umiltà. Nella lingua ebraica il nome della terra e quello dell’uomo, di Adamo, sono simili, ha sottolineato il presule: «Molte volte pensiamo di essere padroni della terra, padroni del mondo, padroni degli altri, ma noi siamo fatti di terra». L’umanità è unita in un destino comune: «La nostra Quaresima sarà più efficace se fatta con la consapevolezza di camminare assieme agli altri, in particolare riscoprendo il valore della fraternità con gesti concreti di carità», ha concluso.

Simone Ciampanella