Natale nei volti più fragili

Girando per strada, nei limiti di quanto ci è concesso fare, o guardando la televisione a casa. Oppure nei luoghi di lavoro. O ancora tra amici e conoscenti. Dovunque ci troviamo, siamo noi bambini, adulti o anziani, percepiamo da parte di tutti la malinconia del Natale. Le luci, i colori, le buone intenzioni patinate. Su tutto pende il dramma e la sofferenza di un anno in cui ogni relazione con gli altri e con il mondo ha subito la tragedia della Pandemia.

Il tempo del Natale è la prova estrema di questo periodo di incertezza, perché è il momento della massima gioia in cui anche le difficoltà più gravi sono viste sotto un altro cocchio. Ora quando tutto si ferma rimane per chi voglia riconoscerla la possibilità di ricordare cosa sia la festa del Natale. E soprattutto cosa si festeggi: la nascita di Gesù Cristo. Una grotta fredda e spoglia, due genitori in fuga, una ragazza madre e un uomo che accoglie un figlio donato da un “altro”. La nascita di Dio, povero e nella povertà, è la sorgente della gioia dei cristiani, perché egli ha scelto di farsi carne nella condizione di massima fragilità dell’umanità. Ci sono persone nella vita della Chiesa per le quali il Natale ha sempre questo volto. Il volto di donne e uomini disperati, delle storie più complesse, delle povertà più agghiaccianti. Quelle persone riconoscono il volto di Gesù in chi cerca aiuto in loro. Sono i volontari e gli operatori della Caritas.

Ogni anno prima del Natale si ritrovano tutti assieme al vescovo Reali assieme agli ospiti del Centro Caritas Santi Mario, Marta e figli di Ladispoli per mangiare assieme. Niente pranzo quest’anno, ma la Messa sì, è stata celebrata mercoledì scorso nella parrocchia di San Giovanni Battista, nel cui territorio ha sede il centro. Con il vescovo c’erano il vicario generale don Alberto Mazzola, quello foraneo don Salvatore Rizzo, il parroco padre Alberto Filippi e altri sacerdoti della diocesi. Anche il sindaco Alessandro Grando tra i banchi della chiesa.

«Come sempre accade, la parola di Dio ci parla in modo provvidenziale» ha detto il vescovo nell’omelia. Nel Vangelo di Luca, Giovanni il battista manda a chiedere a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». La risposta: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia». La domanda di Giovanni raccoglie quella dell’umanità intera davanti alla promessa di speranza di Dio, ha spiegato il presule: «La risposta di Gesù e quella che date anche a voi cari volontari e operatori della Caritas diocesana. La vostra dedizione nell’accoglienza dei più bisognosi dà una testimonianza fondamentale a tutti. Voi evangelizzate con le vostre opere. E noi possiamo e dobbiamo seguirvi. Vi ringrazio a nome di tutta la nostra Chiesa per il vostro servizio».

Nel fare il bene tutti possono essere coinvolti per fronteggiare i problemi, soprattutto nell’ultimo anno, ha aggiunto: «sollecito le amministrazioni, le associazioni e chiunque altro operi per il bene a darci una mano». Infine il pensiero alle persone malate, in particolare a quelle colpite dal Covid-19, e chiede la preghiera per Stefano Pinna, un ragazzo di Ladispoli in gravi condizioni a seguito di un incidente su un campo di calcio.

Una celebrazione essenziale, con la chiesa piena nel limite delle normative per l’emergenza sanitaria, a riscoprire assieme che Natale è ogni momento in cui guardiamo gli altri con fraternità sapendo di essere figli di uno stesso padre. Alla fine il ringraziamento del primo cittadino per l’opera dei volontari e l’augurio di Serena Campitiello, direttrice Caritas: «Grazie eccellenza per la sua guida preziosa e per l’incoraggiamento che ci dà di continuo. La Pandemia ci ha impedito di ritrovarci attorno a un tavolo come facciamo di solito ma tutti ci siamo ritrovati qui attorno a una Mensa. Auguri di Buon Natale».

Simone Ciampanella

foto Lentini

(21/12/2020)